Weekly Playlist N.17 (2022)

 

Probabilmente non è la prima volta che leggete deliri simili, ma il messaggio che davvero a Pagan Storm Webzine preme di far passare alla sparuta pattuglia di fedeli che gravita in giro per l’Italia e che talvolta si palesa in qualche occasione virtuale o meno, a parte le verità empiriche per cui i concerti live rimangono sopravvalutati e il formato vinile è roba da senza Dio, resta sempre quello secondo cui sia noialtri scapestrati dalle dita roventi, sia voi manipolo di adepti alla nera causa così come qualunque debosciato col pallino per questi suoni debba quantomeno qualcosa alle composizioni che da svariati anni a questa parte ne scandiscono l’esistenza e danno linfa ai momenti d’illuminazione che punteggiano il cammino più o meno rapido verso la sepoltura; di rimando, prescindendo per solo un istante da sesso, razza, religione, credo politico e squadra di cricket preferita, talvolta non è poi così sbagliato ammettere prima di tutto a sé stessi l’ammirazione quando non un tangibile legame verso le figure dietro a quei piccoli miracoli su compact disc, soprattutto durante certe situazioni al limite nelle quali la misera realtà infila bene o male chiunque, ognuno a suo tempo e con la sua croce. Ne parlava un paio di mesi addietro qualcuno della nostra cricca in riferimento alla Charkiv dei Nokturnal Mortum, ed ora che la rumba pare spostarsi verso Odessa non possono non tornare alla mente gli altri stimatissimi ucraini White Ward, i quali per giunta hanno pure finalmente confermato dettagli e data di rilascio del loro terzo lavoro in studio: condannato dagli eventi ad una ricezione irrimediabilmente viziata da considerazioni extra-musicali, False Light” promette invece un’esperienza come al solito squisitamente sensoriale e lontana dal verboso schifo circostante, aggiungendo all’attesa per il 17 giugno una copertina assai enigmatica (specie se confrontata alle due antecedenti) ed i tredici minuti necessari a “Leviathan” per portarci lontano da ciò che, a differenza delle gesta del quintetto, non è affatto necessario ne a noi ne a nessuna persona utile all’umanità. Tuttavia qui rimaniamo comunque una minoranza, dato che il vociare di deleteri ammassi organici nei meandri della rete come sui palchi più prestigiosi tocca ormai ogni argomento e non lascia scampo ad alcuna sacca di sincera evasione privata o collettiva, anche se con la pubblicazione giorni fa di Ynglingaättens Öde” possiamo lo stesso tirare un piccolo sospiro ed alzare solo timidamente le pinte al fatidico decimo figlio dei Månegarm, con tutta probabilità uno dei meno inclini alle libagioni ed il cui finale prima della classica postilla acustica reca il sapore dolceamaro di “Vitta Vettr”, dei suoi cori di guerrieri sporchi ed affaticati e del senso di dramma che pervade anche il mito narrato dagli svedesi. Dove però non c’è tragedia, ecco insinuarsi di soppiatto la farsa; al posto degli stessi Månegarm promessici insieme a loro, ai Saor toccherà invece esibirsi questa estate nella cornice del Cernunnos Rock Fest in mezzo ai resti non soltanto della civiltà camuna, ma pure di Venom e Pestilence. Saranno contenti quegli amanti delle insalatone i quali andranno giù di testa per gli scozzesi come per la più scrausa delle band nostrane in cartellone, ma pure gli estimatori del brighella Andy Marshall avranno di che gioire data la release in data 24 giugno del nuovo Origins”, e quindi della probabile esecuzione dei suoi sei inediti. C’è chi col tempo li ha avuti a noia mentre c’è pure chi magari vi si sta accostando solo ora, eppure di fronte alla title-track diffusa in concomitanza con l’annuncio sarebbe complicato negare un piccolo angolo dei nostri ascolti al tamarro scozzese, per poi gli stessi motivi che ci impediscono di tralasciare un’opera recante la firma del buon Vindsval. Cambio di rotta brusco, capiamo bene, ma d’altra parte la magia finora assaporata ad ogni riff non potrebbe esistere qualora priva dell’oscurità che le permette di risplendere, e di cui Disharmonium – Undreamable Abysses” sembra essere ricolmo a giudicare dal secondo singolo a disposizione “Tales Of The Old Dreamer”: i Blut Aus Nord alle prese con Lovecraft sono anch’esso un pacchetto che lascerà estasiati alcuni e dubbiosi altri, e nel caso non abbiate ancora uno schieramento dove rifugiarvi il consiglio è di accendere il cervello ed aspettare il 20 maggio per farvi un’opinione. Molto poco da capire al contrario per quanto concerne “Apostel”, sussulto di vita atteso per otto anni dalla dozzina di superstiti estimatori dei Khold i quali non vedranno l’ora di arrivare al 24 giugno, quando potranno zompettare per i prati dando fuoco alle margherite in fiore sulle note del ritorno in studio dei norvegesi dopo la riuscita parentesi coi Tulus. Non sappiamo tuttavia quanta attenzione verrà destinata ad un simile comeback, anche perché il pianeta ove poggiamo i piedi è lo stesso in cui prolifera gente con qualcosa da ridire sull’ultimo nato in casa Deathspell Omega; “Sie Sind Gerichtet!” risponderebbe la compagine francese in uno sfoggio di bilinguismo e capacità compositive per nulla limitate da qualche giro meno intricato del solito, ma per amor di pace la redazione invita eventuali detrattori di un album da queste parti abbastanza incensato a dare una scorsa alla dissezione scritta di The Long Defeat”, edita martedì e come da tradizione in difficoltà nel rendere a parole cosa significhi la creatura transalpina nel quadrante nero del musical compass. Ci sono quindi gli incantevoli paesaggi nordici e pure le autopsie dell’orrore esterno ed interno al nostro quieto vivere, ma una playlist senza un po’ di detonazioni atomiche per il momento ancora alimentate ad ampli e distorsore rischia di perdere sapore e diventare il solito circolino aristocratico dove si esalta qualsiasi scappato di casa con due dissonanze piazzate lì alla buona. A scongiurare tale rischio e rimettere in ordine le cose servono dei Mr. Wolf d’eccezione, ossia dei finnici armati di gentilezza a nove millimetri e comprensione a quaranta gradi alcolometrici: c’è solo l’imbarazzo della scelta a ripescare dalla gloriosa discografia degli Impaled Nazarene, e stavolta noialtri ammettiamo di aver seguito il favore popolare accasandoci presso il comunque maiuscolo All That You Fear” del 2003, primo dei due contenuti speciali di questo giovedì speditovi in piena fronte nelle mostruose fattezze di “Curse Of The Dead Medusa”. Distanti in scaletta come sul planisfero i misconosciuti rrromani dé Roma Brisen ci riportano poi dritti nella scena capitolina del 1996, allora lontana dai personaggi da operetta affermatisi da quelle parti a fine millennio ed inspiegabilmente tenuti in considerazione ancora oggi ma al contrario intenta a mettere la Capitale sulla cartina del Black Metal mondiale. Che sia riuscito o meno in tale impresa Shade Of Soul”, unica testimonianza da noi reperibile nonché contenente l’ottima “Hills Of Thunder”, rappresenta comunque un dignitosissimo episodio della tradizione nostrana lasciato forse sin troppo in disparte. La spruzzata di passatismo ora superata fa da prodromo ad altre due perle del tempo che fu, la prima chiamata in causa per via del suo rilascio in un 2007 che quest’anno stiamo riscoprendo nei suoi tesori più preziosi con o senza l’aiuto di Darkest Past: i quindici anni di un lavoro degli austriaci Abigor vanno celebrati ad alto volume, ergo correte allo scaffale o sul vostro servizio virtuale di fiducia e spettinate il gatto dei vicini con l’intricata “Cold Void Choir”, estratta da quel Fractal Possession” che in un’annata del genere rischiava pure di passare sotto silenzio. Si chiude infine con disco uscito nel 2013 omaggiato da un brano scritto nel 2002, e coloro i quali adesso si stanno strofinando le tempie senza capirci troppo non devono far altro che aggiungere Niklas Kvarforth all’equazione e disciogliere così ogni dubbio. Interpretata col normale quantitativo di enfasi dell’insuperabile Famine, “Terres Des Anonymes” non solo ci invita a riscoprire quella seduta psicanalitica di gruppo registrata e pubblicata sotto il titolo 8½: Feberdrömmar I Vaket Tillstånd”, ma mette in allerta le platee a fronte di una line-up degli Shining recentemente di nuovo sconquassata in vista di nuove apparizioni del nemico giurato dell’ordine pubblico svedese; a ben pensarci dalla splendida ultima volta abbiamo avuto pandemie, guerre e tutto il disagio che ne consegue, dunque era impossibile che certuni non trovassero un minimo d’ispirazione.

Ascoltatela interagendo con il tasto play sottostante. Buona scoperta!

 

1. White Ward“Leviathan” (from False Light”, Debemur Morti Productions 2022)

2. Deathspell Omega“Sie Sind Gerichtet!” (from The Long Defeat”, Norma Evangelium Diaboli 2022)

3. Månegarm“Vitta Vettr” (from Ynglingaättens Öde”, Napalm Records 2022)

4. Impaled Nazarene“Curse Of The Dead Medusa” (from All That You Fear”, Osmose Productions 2003)

5. Blut Aus Nord“Tales Of The Old Dreamer” (from Disharmonium – Undreamable Abysses”, Debemur Morti Productions 2022)

6. Abigor“Cold Void Choir” (from Fractal Possession”, End All Life Productions 2007)

7. Khold“Apostel” (from Svartsyn”, Soulseller Records 2022)

8. Saor“Origins” (from Origins”, Season Of Mist Records 2022)

9. Brisen – “Hills Of Thunder” (from Shade Of Soul”, Holocaust Records 1996)

10. Shining“Terres Des Anonymes” (from 8½: Feberdrömmar I Vaket Tillstånd”, Dark Essence Records 2013)

Michele “Ordog” Finelli

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